Lessico dei musei
Una questione italiana

zanichelli_museoCi pare interessante segnalare fra le attività di Icom Italia una iniziativa intrapresa nel 2004, poi messa in stand by e ora ripresa con un convegno programmato per le giornate 22 e 23 giugno 2007, in quel di Rovereto.Nel 2004, infatti, Icom Italia ha promosso il progetto Lessico dei musei italiani, come viene oggi spiegato nelle pagine del sito web, nato «dalla constatazione che nella piccola, ma non irrilevante famiglia degli addetti ai lavori dei beni culturali, per ragioni storicamente definite, e in primo luogo per la sua sostanziale suddivisione in gruppi di provenienza (disciplinare), di appartenenza (professionale), o per il diverso ruolo (politico, tecnico, scientifico, amministrativo) che i singoli occupano al suo interno, sembra regnare una vera e propria babele delle lingue.A parole come tutela, valorizzazione, gestione, pubblico, privato, patrimonio culturale, repubblica, stato, enti locali ecc. vengono fatti corrispondere significati e valori molto diversi […] Tanto più se a tutti tocca rincorrere un continuo mutare di senso delle parole stesse, per stare al passo con le sempre nuove definizioni che ne sono date in sede giuridica».Ai proponenti il progetto sembrò quindi che costruire un lessico comune, a partire proprio dal termine “museo”, fosse «un modo concreto per iniziare a costruire una comunità che si riconoscesse, al di là delle norme e delle leggi vigenti, in un comune linguaggio, capace di rispecchiare pratiche e comportamenti progressivamente più simili, coesi, coerenti tra loro».Essendo evidente, anche solo dai nomi dei musei sparsi sul territorio italiano, la non corrispondenza rispetto a classificazioni statistiche e volte alla normalizzazione quali quella elaborata nel 1984 dall’Unesco (UNESCO/STC/Q/853),(i) il progetto è volutamente partito dal “basso”, prendendo spunto «proprio dai nomi propri e/o comuni per cercare di capire non solo la specificità dei musei italiani, rispetto a quella di altri paesi, ma anche la pluralità di espressioni che ha assunto la “musealizzazione” del patrimonio culturale nel nostro paese, nelle diverse epoche e fasi, a seconda delle tipologie di beni che hanno dato luogo alla costituzione di raccolte e musei, delle discipline a cui si è fatto riferimento, delle stesse tradizioni regionali».Dopo una giornata di studi nel 2004 e un seminario nel 2005, scrivono i curatori, «sembrò che il modo migliore di proseguire potesse essere quello di dedicare momenti di studio alle singole tipologie di museo».Con l’osservazione che certamente è necessaria una ricognizione delle singolarità, come premessa per la sintesi, e prima di esprimere qualche – per ora – superficiale perplessità, ci interessa notare che oggi il progetto riprende con le due giornate del convegno I musei di storia in Italia, a Rovereto (22-23 giugno 2007).L’interesse risiede in due dati, principalmente: innanzi tutto, in vista del convegno, sono stati resi disponibili sul sito Icom i testi relativi al seminario del 2005, tutti scaricabili in formato .pdf dalla sezione Download (e si coglie peraltro l’occasione per segnalare la cattiva struttura e, soprattutto, usabilità del sito di Icom… basti vedere dov’è collocato il redirect alla home, in fondo alla spalla sinistra). In secondo luogo, come indicato nel programma, oltre agli interventi specifici sui musei della storia, cui l’incontro è dedicato, la seconda giornata del convegno vedrà una «tavola rotonda conclusiva dedicata a un certo numero di questioni trasversali, proposte in forma di dicotomie (in situ/in museo; collezione/museo; locale/nazionale; disciplinare/tematico; permanente/temporaneo; reale/virtuale; ecc.)», e questa ci pare occasione da non perdere.Detto ciò veniamo alle perplessità, superficiali o epidermiche, per quel che possiamo scrivere ora, e tutte relative ai rischi che inseguire i rivoli delle singole tipologie può comportare rispetto agli obiettivi dati (un lessico comune, una comunità). E va bene che la sintesi segue all’analisi, però qualche dubbio resta.