Science Centre Immaginario Scientifico
Grignano, Trieste

is_science_centreLe due culture? Un dibattito superato. I finanziamenti per la cultura scientifica? Difficili e certamente minoritari rispetto alle percentuali di fondi destinati all’arte – ma nel Belpaese dei beni culturali come stupirsi di simili scelte? I finanziamenti privati? Possibili, ma spesso sono importanti anche le collaborazioni.Oggetti nei science centre? Ci sono: collezioni di strumenti, materiali e di oggetti, mantenuti però non con la finalità della conservazione né dell’esposizione “in vetrina”, ma funzionali alle attività di exhibit; inclusi, poi, quegli “oggetti” prodotto delle attività del centro stesso, ovvero le mostre, le installazioni. E ancora l’archivio delle immagini, dei video…Un design centre è necessariamente diverso da un science centre? Ma perché, poi? Non potrebbe per esempio smontare l’oggetto e raccontarlo? Far guardare dentro le cose, far provare…?Musei o centri? Oggi non si dà più una distinzione netta.La trasformazione o l’evoluzione dei musei, scientifici ma non solo, in centri o musei interattivi? Una tendenza diffusa ed evidente, a livello internazionale. Musei che diventano centri; ma difficilmente centri che diventano musei.Visitatore attivo o passivo? Dipende, anche in centro possono darsi diversi gradi di partecipazione: attiva mentre il visitatore interagisce con strumenti e sperimenta in prima persona; “passivo”, ma partecipe, allorché si dispone a ricevere contenuti come un video, una proiezione…Come individuare i contenuti? Ci sono i contenuti “classici” e poi quelli più legati all’attualità scientifica, alle richieste che vengono dagli interessi prevalenti; oggi sono la genetica, lo spazio, le nanotecnologie…Multimedia, software, rendering e virtualità? Non una necessità. Certo è una questione di budget – per realizzare produzioni multimediali anche di pochi minuti possono essere necessari finanziamenti consistenti – ma è anche una questione di obiettivi. Per veicolare un contenuto può bastare anche una scatola con due fori in cui introdurre le mani: hands-on. Non è necessario spettacolarizzare ogni cosa, né puntare in generale a una spettacolarizzazione che rischi di banalizzare i messaggi.Educazione o divertimento? Un science centre raggiunge i propri obiettivi laddove riesca a trovare il corretto equilibrio fra contenuti – senza esagerare nella quantità di informazione –, “poesia”, divertimento. Creare un’esperienza che sappia stimolare un’emozione oltre alla riflessione; un’esperienza che sia ripetibile, che possa essere compresa. Una produzione fatta con discrezione, anche per successivi affinamenti.Il ruolo del fattore umano, per la narrazione dei contenuti di un’esposizione scientifica? Fondamentale; ma non obbligatorio, non da imporre a tutti i visitatori.Concentrazione o diffusione? In certi contesti territoriali è certamente preferibile la presenza distribuita sul territorio di più centri correlati, in grado di dialogare e portare un contributo alla comunità; come fanno le biblioteche di quartiere.Science centre fra museo e scuola? Il centro scientifico nasce come museo interattivo – ma con differenti gradi di interattività – e dovrebbe immaginarsi come supporto per le attività didattiche senza pretendere di sostituirle o scavalcarle.Autovalutazione del prodotto-mostra? Molto spesso osservare i visitatori vale più di cento questionari: può bastare uno sguardo, una battuta… senza però far di tutta l’erba un fascio.A volte ci pare di dovercelo ancora ricordare: che le visite, il contatto diretto, la testimonianza personale sono fondamentali. Per evitare di cadere in falsi problemi e quesiti, per non cedere ad eccessi teorici e libreschi.Abbiamo incontrato Fabio Carniello, direttore del Science Centre Immaginario Scientifico (IS), a Grignano (Trieste), e da questo incontro, dai racconti di Carniello, abbiamo tratto l’impressione “concreta” di un lavoro sempre in fieri, per il quale contano gli obiettivi, le finalità, i risultati e la responsabilità di fronte ai visitatori. L’intento era quello di avere informazioni sulle esposizioni relative alle nanotecnologie, ma altresì farci un quadro di quel che avviene in un science centre. Naturalmente Carniello è il primo a distinguere e dare le misure: diversi sono i casi, i modelli, le attività a seconda dei budget disponibili e del territorio (inteso come utenza oltre che come situazione e collocazione geo-economica). Insomma una cosa è il Science Museum di Londra o l’Exploratorium di San Francisco, un’altra è situarsi in una regione come il Friuli Venezia Giulia, dove pure di innovazione si parla e di cultura scientifica c’è richiesta, ma appunto dove la realtà, il bacino d’utenza, l’interesse, la disponibilità – del pubblico e del privato – hanno altri pesi. Proprio per ciò si ammira la capacità dell’IS di rapportarsi consapevolmente con un preciso territorio, assumendone le specifiche esigenze (e del resto, per intendere questa apertura non unidirezionale, basterebbe pensare a quanto si legge nel sito web, relativamente ai progetti: «Sono benvenuti gli eventuali suggerimenti e segnalazioni!! Chi non avesse consigli da dare ma curiosità da soddisfare, scriva per farci sapere i temi che vorrebbe vedere sviluppati nelle mostre in fieri»). Così è Carniello stesso ad ammettere che lo studio di fattibilità del 1998, di cui abbiamo già detto qualcosa – redatto dieci anni fa, prima dell’apertura del Science Centre di Grignano (1999), in vista di un grande science centre – dopo otto anni di attività ed esperienze dell’Immaginario Scientifico, non solo a Trieste ma in tutta la regione e sul territorio nazionale, appare in gran parte superato almeno in termini di dimensioni e di “spazi”. Sì, perché rispetto ad allora, oggi pare più utile percorrere la strada della presenza diffusa sul territorio, immaginando tanti science centre capaci di portare la formazione scientifica direttamente ai cittadini, avviando un dialogo costante, aiutando la crescita attivando circoli virtuosi con le strutture locali. In questa logica, per esempio, rientra la recente inaugurazione di una nuova sede IS all’interno del Museo della Centrale di Malnisio : una nuova ala museale nella ex centrale idroelettrica, a Montereale Valcellina (Pordenone), destinata appunto alla didattica scientifica a cura dell’IS, che porta in tal modo la propria attività in altri territori. Scolaresche, soprattutto; ma anche famiglie e curiosi.Come struttura, il Science Centre si compone principalmente di tre nuclei:- Fenomena, ovvero l’exhibit, lo spazio interattivo che stimola a confrontarsi con la scienza, con i principi e i fenomeni della fisica, in maniera diretta, interagendo attraverso i sensi con dispositivi, giochi, strumenti, che coinvolgono luci, suoni, movimento, visione; si tratta di allestimenti sovente già testati da altri musei interattivi, con cui si cerca di costruire un autonomo percorso, esplorando la fisica classica mediante pratiche macroscopiche;- Kaleido, le mostre temporanee (che dal 2004 sono tutte digitali), che possono essere prenotate dai gruppi scolastici e sono date a noleggio per iniziative fuori sede, per indagare attraverso immagini e parole, con proiezioni, specifici contenuti, lo “spettacolo della scienza e della natura”, dal cosmo ai micromondi, dalla Terra alla globalizzazione. Si tratta di “prodotti” multimediali, intesi come multivisioni e immagini. I contenuti sono costruiti dallo staff del Laboratorio dell’Immaginario Scientifico (LIS) – la società cooperativa gestore unico del Science Centre Immaginario Scientifico – studiando e ricorrendo a materiali divulgativi approvati da esperti che a Trieste e Grignano non mancano, e che offrono spesso la loro consulenza. La narrazione e l’esposizione di queste proiezioni – che si affidano inoltre alla suggestione del buio e della musica, anche questa realizzata internamente dal Lis – mirano a non prevaricare i contenuti, a evitare inutili “effetti speciali” – anche nelle parole, nella forma –, banalizzazioni spettacolari;- Planetario, «a cupola rigida di 5 metri di diametro con una capienza di 20 persone per le visite guidate alla volta celeste».A questi si aggiungono altre attività, come il Sensorium – una struttura con scatole per mettere in gioco ed esercitare i sensi e la percezione – oppure l’intero settore didattico denominato Aladino, con «una serie di servizi diversificati nel campo della didattica informale e dell’animazione ludico-didattica su tematiche scientifiche», anche “a domicilio”. Interessante è la flessibilità della (auto)produzione, dell’organizzazione e della gestione dell’offerta, sia negli allestimenti sia nei contenuti, tale che consente al centro di rispondere a richieste diversificate. Non solo, ma anche di proporsi come partner per progetti differenti, come per esempio quelli realizzati in occasione di festival della scienza, come quello di Genova. È proprio nella città ligure che nel 2003 è stata presentata Nanomondi. Scienza, tecnica ed estetica del mondo a 10 alla meno 9 metri, una mostra dedicata alle nanotecnologie e alle loro applicazioni, realizzata da Ape Research, dal laboratorio Tasc dell’Istituto nazionale di fisica della materia e dall’Immaginario Scientifico, con il contributo di Area Science Park – e della quale il volume di Marco Peloi di cui abbiamo già dato notizia è stato evoluzione e completamento. L’esposizione includeva pannelli esplicativi, postazioni interattive – che consentivano di “provare” il principio di feedback sfruttato dai microscopi a sonda, e quindi di “interagire” con la superficie atomica –, un’esposizione di oggetti trattati o ottenuti con applicazioni nanotecnologiche (difficile a volte – confessa Carniello – ottenere dalle aziende simili prodotti…; importante, inoltre, calibrarne la presenza in maniera proporzionata alla esposizione), una proiezione Micromondi, e una mostra fotografica con immagini microscopiche, che introducono al nanomondo e all’immaginario atomico. E del resto proprio la collezione di immagini è uno dei punti di forza del Science Centre, che ha costruito nel tempo un archivio di oltre 25.000 unità a cui attingere per costruire mostre temporanee e per supportare le diverse attività espositive. Quindi una raccolta di materiali la cui conservazione, come dicevamo, mira allo produzione dei pacchetti espositivi. Lo stesso dicasi dei vari materiali presenti nei laboratori dell’Immaginario Scientifico, utili per gli exhibit. Differente il discorso per gli oggetti provenienti dal Deutsches Museum (invero attualmente non esposti, per motivi di organizzazione dei percorsi), che però costituiscono una sorta di vetrina aperta sullo storico museo di Monaco di Baviera – così come per altri istituti che possono essere “ospitati” o che già lo sono stati, come il Museo nazionale della tecnica di Praga. Ma, appunto, non per questo il centro intende farsi museo.