Cooper Hewitt feat. Ideo
Ideo feat. Cooper Hewitt

ideo_selects_cooper_hewittNel campo musicale featuring indica la partecipazione – in varia misura – di un artista a un brano eseguito principalmente da altri. In alcuni casi si tratta di una sorta di “tributo” in altri di vera e propria collaborazione. In qualche modo, di una interpretazione.Che una esposizione possa nascere da un’interpretazione a più voci non è inusuale, basta pensare alle mostre con più curatori. Al centro del loro lavoro – non la musica e le note ma – artefatti e opere, collezioni, patrimoni. Quando non si tratti di esposizioni confezionate ad hoc, però, ovvero quando si tratti di collezioni permanenti, è ancora più interessante osservare la pratica, da parte di musei e istituzioni di chiamare visiting (guest) curators a cui affidare lo studio, la lettura e il racconto. Come per i visiting professors, si tratta di un’occasione più o meno prolungata che onora chi ne è investito, e parimenti ne riconosce il valore o l’autorità. Interessante pratica perché si riallaccia ai fondamenti delle istituzioni museali, intese come luogo non solo di conservazione ma anche di produzione e diffusione culturale; e inoltre perché – certo con le dovute distinzioni – attinge al principio della pluralità di voci e della condivisione delle fonti e dei saperi.Nella nostra immaginazione simili iniziative, che nella realtà probabilmente sono anche connotate da aspetti burocratici e “politici”, ci appaiono come un invito, un’ospitalità di estreme generosità e apertura, quello cioè rivolto ad altri perché venga in casa nostra per dare una interpretazione di ciò che vi trova o magari perfino di noi stessi.Varianti di queste formule sono quelle in cui – come nella musica di cui si diceva supra – si fa appello e si “sfrutta” in qualche modo il nome dell’interprete, che sia del settore. Il museo d’arte può chiamare l’artista, così come un museo del design può chiamare un designer.Così ha fatto il Cooper Hewitt National Design Museum (Smithsonian Institution) a New York, che ha chiamato alcuni guest curators per alcune mostre temporanee. Il più recente è lo studio Ideo che ha esplorato la collezione permanente del museo realizzando una mostra incentrata sul tema design thinking – fino al 20 gennaio 2008 presso la Nancy and Edwin Marks Gallery, ma anche con possibilità di visita virtuale online. Come riportato nella home del sito dedicato, «to represent design thinking, Ideo chose objects that demonstrate innovative problem solving over the past five centuries. Ideo uses three lenses – Inspiration, Empathy, and Intuition – to explore these objects and the very human impulses that motivate designers and the contexts in which objects are created and used». È Tim Brown, presidente di Ideo, a spiegare le finalità di questa operazione, tracciando un rapido arco della propria vita da designer, delle esperienze che lo hanno condotto a comprendere ben presto – dopo la laurea a Londra negli anni ottanta – che «design is about far more than form giving. It is about understanding the needs of individuals and groups and working to create responses that really meet those needs both functionally and emotionally. It is about investing as much in the idea as in the form. It is about exploiting the essential optimism of design thinking to explore possibilities that do not occur to those who only take an analytical view. It is about responding to the challenges of the present by imagining the possibilities of the future».La mostra si ancora dunque con intento propositivo nell’attualità e nel contemporaneo: l’obiettivo è non solo mostrare come il design thinking – certo non sempre consapevole come in questa espressione – sia stato applicato o sia comunque entrato in gioco nella ideazione e realizzazione di molti prodotti, ma anche «illustrate how you might apply some of these aspects of design thinking to your own creative challenges».Come emerge chiaramente dall’allestimento – visibile dalla virtual exhibit – non pare che siano state intraprese particolari soluzioni per esplicitare il processo del design thinking. Il che è comprensibile, considerato che in questi casi il guest curator è chiamato, in qualche modo, a estrarre dei pezzi dalle collezioni (Ideo Selects è il titolo dell’esposizione), e comporli secondo la propria interpretazione. I prodotti, entro vetrine o su pedane, sono invece accompagnati da didascalie (le stesse del sito, crediamo) che traducono in testo da leggere non solo i dati “biografici” (designer, anno, produttore, nazione, materiali) ma soprattutto la posizione rispetto alle tre coordinate – i curatori parlano di lens – assunte dai curatori per illustrare il design thinking, ovveroInspiration: «how designers respond to the materials, technology, people, and social and cultural contexts of their time»;Empathy: «how designers imagine people will benefit from their ideas based on the needs at hand»;Intuition: «how designers’ intent and personal frameworks drive their vision of the outcome».Non tutti i pezzi presenti, del resto, sono rappresentativi di tutte tre queste modalità. Per esempio, a differenza di Valentine di Sottsass, il calcolatore Divisumma 18 disegnato da Bellini presenta il riferimento solo a Empathy, essendo concepito primariamente quale prodotto per un ufficio tecnologico “completamente umanizzato”. Viceversa, una poltroncina per lettura, inglese e settecentesca, viene descritta solo in termini di Inspiration, come pure avviene per la Radio portatile TS 502 di Sapper e Zanuso, magari con un po’ di semplificazione: «As colorful plastics were hitting their stride in the 1960s, designers Richard Sapper ad Marco Zanuso were expanding their use in consumer goods such as the ts502 radio. Not unlike its modernist furniture counterparts, the radio had a soft-edged, glossy aesthetic which spoke of the future, James Bond films, and casual irreverence».Comunque, con i dubbi che pure si possono avere, la visita virtuale vale la pena. Fra l’altro è possibile non solo commentare le schede dei pezzi – operazione interessante, come se ogni opera esposta avesse un guest book, in cui lasciare le proprie annotazioni (la scheda di catalogo si è ormai trasformata in post di un blog!) – ma anche, nella sezione In the World, aggiungere immagini di prodotti, oggetti da candidare per l’inserimento nello slideshow. Naturalmente precisando di quale lente si voglia dare esemplificazione: Ispirazione, Empatia o Intuizione?