Storia digitale e design / 4 – Il digitale come archivio

2016-03-03 - Maddalena Dalla Mura

I ricercatori interessati agli ephemera della grafica del passato o al lavoro di figure meno note di progettisti, di cui non siano conservati fondi archivistici e su cui non siano già state pubblicate documentate monografie, sanno bene quanto può essere stimolante e gratificante trascorrere qualche ora navigando attraverso il web, raccogliendo e confrontando tracce e pezzi di informazioni, dati e immagini ricavati da luoghi diversi come blog personali, pagine di venditori eBay, riviste e quotidiani online – almeno questo è quel che ho provato essendomi recentemente trovata in simile situazione.
Immaginiamo un altro caso, ipotetico. Se fra qualche anno volessimo ripercorrere ed esaminare il lavoro e il ruolo che alcuni graphic designer hanno avuto a inizio millennio – pensiamo per esempio a un team come Metahaven, o altri designer che ricadono più o meno volontariamente sotto l’etichetta del “critical design” – certamente sarà utile e interessante poter visionare i loro poster, le loro pubblicazioni e le installazioni da loro realizzati, eventualmente entrate a far parte di collezioni di musei d’arte e design. Tuttavia non si potrà certo trascurare, nella ricerca e analisi, anche i progetti e proposte ilaborati da quei designer con i loro computer e che hanno avuto solo una esistenza screen-based, come pure non si potrà ignorare la quantità di tracce più o meno intenzionali immesse nella rete, l’esperienza dei loro siti, e tutti i loro tweet, le interviste e i loro testi apparsi online, i video di conferenze, le recensioni del loro lavoro e i commenti variamente apparsi sul web…

Naturalmente molte altre ipotesi si possono cominciare a fare. Se per esempio qualcuno vorrà riflettere, fra una decina d’anni, sullo sviluppo stesso della storia della grafica a inizio secolo, sarà sufficiente tenere in considerazione i libri pubblicati o qualche articolo accademico? Per rendere conto della ricerca, dello statuto disciplinare, dell’insegnamento, della rappresentazione e circolazione della storia della grafica non si dovrà tenere conto anche di tutto quello che è stato reso disponibile grazie a Internet, dagli articoli di autori accreditati alle pagine realizzate da appassionati, passando per le liste di discussione e i materiali realizzati da designer e insegnanti per fornire riferimenti ai loro studenti? Ma come troveremo, selezioneremo e useremo questi contenuti?

Il punto è che la svolta digitale, per il design così come per ogni altro ambito, ha amplificato e moltiplicato le possibilità, gli spazi e le modalità di produzione, pubblicazione, condivisione e circolazione di contenuti, informazioni, dati e opinioni. Là fuori – o sui nostri schermi – c’è oggi un enorme calderone digitale di materiali e risorse prodotti non solo da studiosi e specialisti ma da chiunque abbia un interesse o motivazione a farlo. È un repositorio digitale di informazioni e dati che è esso stesso un archivio, disperso fra innumerevoli luoghi e formati che includono i siti stessi dei designer e delle istituzioni dedicate al design – come musei e associazioni/organizzazioni e scuole –, i loro profili social, le versioni online di magazine nati a stampa e i portali e siti di informazioni nati solo per il web, le email, i forum e le liste discussione, i blog e i siti tematici, i contenuti multimediali caricati su piattaforme open…

Questo archivio digitale pone agli storici del design questioni che solo in parte si sovrappongono con quelle già menzionate sopra con riferimento al design born digital. Non si tratta solo di frequentare o usare simili fonti e risorse, come facciamo già quotidianamente. Impegnarsi dal punto di vista storiografico con questo oceano di possibilità e contenuti significa soprattutto riflettere su come affrontare e utilizzare tali fonti e risorse, interrogarsi su quali metodologie, approcci e criteri adottare nel loro utilizzo, e sull’eventuale necessità di porsi nuovi quesiti. Così, per menzionare alcune questioni che sono state già sollevate, in generale, a proposito della storia digitale, ci si può chiedere non solo come conservare tali materiali e contenuti, data la loro estrema fragilità, ma anche discutere dei metodi per rintracciare, filtrare, contestualizzare e comparare dati e fonti che possono essere molto facilmente manipolati e modificati. Che cosa significano “verità” e “autenticità” nel regno digitale? In che modo si può fare un uso attento e accurato delle testimonianze e della informazione tratta dal Web? Come operare distinzioni nella catena infinita di ri-mediazioni cui sono soggetti testi, immagini, layout, mediazioni che possono essere fatte secondo finalità diverse, dalla provocazione alla distorsione, non sempre immediatamente evidenti? Come tenere traccia della storia delle modificazioni e alterazioni dei contenuti? Come definire il contesto relativo di informazioni che circolano come frammenti nella rete? Come usare informazioni elaborati al di fuori di standard accademici e da parte di voci che in passato non avrebbero avuto canali per esprimersi? E come poter sfruttare Internet e i social media, per esempio, per attirare la collaborazione di altri studiosi o di testimoni su progetti di ricerca, e come interpreteremo i dati raccolti attraverso di loro?

Oltre che per la ricerca e lo studio, del resto le risorse offerte da Internet sono anche un potenziale strumento per chi si occupa di insegnare la storia del design, come apparentemente sanno bene molti educatori, a giudicare dal numero di pagine web e siti da loro realizzati per gli studenti che si trovano da una rapida ricerca via Google con la chiave “graphic design history”. La maggior parte di queste pagine sono opera di docenti di design e comunicazione visiva, come una alternativa digitale agli appunti e dispense dei corsi, e presentano brevi testi accompagnati da immagini spesso prese da libri o catturate da altri siti. Generalmente queste pagine sono opera di singoli autori, e anche nel caso di blog i commenti sono disattivati. Tuttavia, ci si può chiedere cosa succederebbe se invece di usare il Web solo come una piattaforma per dispensare nozioni di storia del design e pacchetti di informazioni preconfezionati, gli insegnanti coinvolgessero i loro studenti nella costruzione di contenuti dedicati, per esempio, a vicende e aspetti specifici di storia della grafica. Cosa succederebbe se invece di recuperare brani di testi e immagini da libri già pubblicati, gli studenti lavorassero sulla produzione di elaborazioni visive originali, infografiche e visualizzazioni, testi, fotografie e video? E cosa accadrebbe se coloro che si occupano di storia della grafica collaborassero con i designer, e viceversa, e unissero le loro competenze per sperimentare nuove modalità per presentare e commentare la conoscenza storica?

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